martedì 29 marzo 2011

Harvey WALLBANGER!



72 ore di dedizione a un concorso sul bere

ovvero

fratello Guido & sorella Nikon

ovvero

BEVETE CAZZO!
con moderazione

mercoledì 16 marzo 2011

NO!

ascolta


Che cazzo è questo silenzio? Non gliene frega niente a nessuno, grandioso! [una voce da dietro le quinte ride dei miei percorsi cognitivi e del lessico utilizzato] HEY! Le cose si rompono, ve ne siete mai accorti? Perché non urla nessuno? Dite, lo sapete cos’è un NO? È una negazione, e “il fatto di negare implica l'espressione della non esistenza di qualcosa o il non persistere di un evento o di una situazione”. Cioè, io domani mi sveglierò e sarò contento. NO. Aspetta, ecco, tra una settimana sarò nel totale appagamento delle mie odierne aspettative. NO. Forse tra un mese avrò capito un sacco di cose. NO. In un anno non ci saranno più problemi. No maledizione, NO!

Adesso. Sì, partiamo da questo. Io adesso. Bravo. Io adesso. Ok, poi? Io adesso poi? Che cazzo dici, concentrati. Io adesso poi niente io sono arrabbiato io ascolto una canzone io penso alle frasi io cancello e riscrivo io non sono spontaneo io adesso muovo le dita per mandarmi ‘affanculo da solo, leggi. Sì, c’è scritto proprio così. Ah bene, io adesso sto meglio. No. Io adesso ho voglia di parlare di niente, ma un niente denso scuro e appiccicoso; e ballare dentro. Allora parla, cos’è successo? È stato un attimo una distanza una maschera un dubbio un pensiero una negazione. E fa male? Peggio, annulla. Peggio per te. Già. Bene, adesso siamo fermi qui, possiamo andare? Dove? Tu vai, io ti seguo. Perfetto. . Che fai? Sono andato avanti, non ti sei accorto? Avanti? Merda, di solito sei tu che guardi tutti i particolari. Senti parliamone, anzi, trascrivi. Ok.


“Vedo fili dividere scelte possibili in un limbo d’inaspettata attesa nell’anticamera di una stanza sconosciuta dalla quale si tesse il labirinto con noi al centro e pareti morbide dove perdersi è un attimo per inseguire la trama dei pensieri lungo i tuoi capelli mentre dita intrecciate compongono messaggi immaginari hai gli occhi che fuggono e ancora non riesco ad inseguirli ma non possiamo stare immobili è la legge del moto perpetuo è la tua pancia piena di ricordi è il terremoto che spazza via i re del passato è l’instabile anarchia dei sorrisi a riscrivere il presente senza parole”


Ah bella, complimenti. Mi prendi per il culo? Sì, no cioè, mi piace eh, carina, [quanto odio il termine “carino” ve l’ho mai detto?] ma adesso come la mettiamo con questa spiacevole situazione? Boh, io per ora la lascio qua, poi magari qualcuno passa, la piglia, funziona, yeah! Quella? E dai, c’è un sacco di gente che ha dei gusti di merda. Certo, sicuro, ma nel frattempo di te che ne faccio? Mah, io disegno, non stare a preoccuparti. Sì, beh, qua ho ancora una valanga di pensieri scaduti, un sacco di citazioni a sproposito, un bel po’ di vana speranza, finali alternativi, qualche fantasma; dove li mettiamo? Butta tutto nel cesso e tira l’acqua. Vado capo. Bravo.

Hey capo! Che vuoi ancora? S’è intasato il cesso. Ma porc… e che devo pensare a tutto io? Ciao! E tu chi sei? Sono un altro pezzo. Senti, qua c’è già un sacco di confusione, per piacere, vatti ad appiccicare da qualche parte e lasciami in pace. Bene. Buongiorno signori, scusate, sapete dove posso trovare i servizi? Eh? Capo, dai un po’ un’occhiata qua dentro.

Migliaia di pezzi impossibili da decifrare alcuni immensi inamovibili oppure microscopici quasi tutti crepati corrono cadono si calpestano urlano e vanno in frantumi sembra che non torneranno mai insieme.

Piglia male. Eh già. E di lei che ne facciamo? Non c’è lei qua dentro. Senti coglione, hai idea di quante lei ci sono qua dentro? Sì ce l’ho. E allora perfavore dimmi, chi è lei? Io non lo so, non lo sa nessuno, non lo sa neanche lei. Andiamo bene. Senti, ma perché ci deve essere sempre lei? E io che ne so, sei tu che l’hai portata qui! Lo so, ma insomma, ce la siamo sempre cavata alla grande io e te e gli altri pezzi e i miei e i tuoi amici e il mondo circostante e i disegni la musica l’improvvisazione quotidiana e tutte le altre stronzate che riempiono la vita in un modo o nell’altro, che bisogno hai di rovinare sempre tutto? Io? È colpa tua! Ma per niente, è colpa tua! Che cazzo vuoi? Non alzare la voce! Ah sì, allora lo sai che faccio, ti taglio i rifornimenti d’adrenalina! E io ti taglio e basta! E io smetto di mangiare! E io finisco il lavoro e ti faccio diventare un vegetale. E io piango! E io ti deprimo! Ragazzi smettetela. E TU STÀ ZITTO! Ok, scusa, è pazzesco, è che su questo merdoso DNA c’è scritto così e per quanto ci lotti contro è inutile, vince sempre lui. Va bene, scusami anche te, non parliamone più. Che fai, rimandi i problemi? Figuriamoci, ormai abbiamo capito che non fa bene per niente. Allora? ALLORA VIVI STRONZO!


Perdente. Hai detto qualcosa? No no, niente. Mh…


[Torniamo uno e usciamo di scena, ma solo un attimo, per riprendere fiato, sputare il veleno rimasto e bere qualcosa, per riordinare i pensieri prima della prossima scena]


ancora

lunedì 14 marzo 2011

il GORGO

Uno stato di polvere ovvero pelle capelli avanzi terra plastica buone intenzioni tutte quante mischiate sul pavimento lungo le pareti di questa stanza anche oggi si mangia nella colonia organizzata attraverso una precisa struttura che segue l’ordine naturale del mantenimento della specie suddivisa in scala gerarchica probabilmente ereditaria io non posso saperlo ho il cervello grande come quello di una formica per cui è tutto molto più grande di me eppure non ho mai sofferto di depressione non conosco rimedi a malattie inesistenti io sono programmata e solo parzialmente consapevole del molto che mi circonda che non è mai tutto ma sempre abbastanza per la colonia lo sporco è cibo il decadimento è vita che si ricicla attraverso lo sforzo la continuità dei nostri ruoli rimpiazzabili noi siamo l’unisono in cui l’individuo è solo numero indispensabile ed è per questo che sto cercando nutrimento nel buio i miei sensi si tendono e mi dirigono permettono di scegliere carichi più pesanti che non portano gloria solo una suddivisione più abbondante ed è per questo che esisto nascosta mi dirigo afferro trascino e poi questo rumore questo rumore terribile questo rombo sommesso che fa vibrare il suolo e questa lama di luce che taglia il travestimento d’ombra mi svela una porzione di realtà che è puro orrore e non posso ragionare di causa effetto eppure so che adesso devo scappare non è vile solo troppo lenta vengo risucchiata via spinta attraverso l’esofago verde fino allo stomaco in tempesta sto affogando lungo l’istinto un ultimo tremito di disperazione mi fa muovere le antenne e percepire la mia colonia l’intera colonia trascinata con me nel vortice io sto morendo io ero viva e adesso sto morendo e con me la colonia e questa è una catastrofe ma io sono vivo ma io sono diverso oggi devo pulire questa stanza che è uno schifo ma la vita dev’essere mantenuta scandendo bioritmi culturali imposti concordati interpretati da un panno spray cenci acqua prodotti chimici manodopera scazzata e l’aspirapolvere avete anche voi riconosciuto l’aspirapolvere pilotato dal narratore contro l’estesa porzione visibile di un formicaio che abita le pareti e scava cunicoli e usa il tempo della pigrizia per aumentare complessità e poi essere spazzato via mai del tutto dal destino crudele in forma umana manifestazione della natura che attacca una natura diversa ma intrinseca allo stesso piano dell’esistenza per essere precisi il primo piano della borghesia periferica senese pulita educata a tal punto che è proprio l’educazione a insegnarmi il rispetto della vita che si è estende all’esistenza stessa e non alle somiglianze più superficiali ma alla compartecipazione di creature ed entità e allora mi fermo e penso alla semplicità della catastrofe al disinteressato assassinio di massa con la coscienza che il valore di una vita non cambia a seconda della differente complessità delle parti in gioco sono fermo e so che adesso è tardi per rimpiangere l’azione commessa e so che agendo di nuovo ucciderò ancora per pulire mangiare vestire muovermi sempre senza rimpianti nella quasi mai consapevolezza che devo muovermi coi tempi che corrono deve andare veloce davanti al computer ho scoperto di un’onda che spazza via la costa le vite di un paese lontano e sono impaurito e triste e fortunato e piccolo e impotente e soprattutto lontano tanto lontano che una catastrofe con un’altra catastrofe si confonde e mi confonde allora non capisco se anche io sono manifestazione della natura quello che accade è inevitabile anzi necessario alla sopravvivenza dell’entità con più potenziale in una struttura potenzialmente infinita dove i drammi si riducono a zero.

Rallentiamo.

In una struttura potenzialmente infinita dove i drammi si riducono a zero non c’è catastrofe nemmeno gioia solo flusso continuo di esistenza e manifestazioni dove siamo solo un fortunato veloce passaggio bramiamo conoscenza inseguiamo la verità che ci spetta e allora dimmi metamorfosi perché senza ulteriori spiegazioni ci lasci nel gorgo?